Ma perché il Nero di Velluto ha questo nome? Molte volte la curiosità, legittima, è tanta. In molti, quando vengono a visitare la cantina, danno le risposte più diverse: perché è un vino che in bocca è morbido e vellutato, perché il suo colore ricorda il velluto nero ecc.

Niente di tutto ciò. Il suo nome, invece, ci riporta a una storia molto bella e intrigante.

Infatti, il Nero di Velluto potremmo definirlo un “negroamaro moderno concepito nel 1918”. La sua storia trova la fonte ispiratrice del suo nome in un articolo del 1918 dal titolo “La Vendemmia nel Salento”, pubblicato sulla rivista milanese “Varietas”, a firma  del fotografo e giornalista salentino Giuseppe Palumbo e capitato fortuitamente tra le tante “scartoffie” depositate nella nostra cantina. In un passo della corrispondenza egli scriveva: “…Ed a piè di ogni vite tutto è diventato nero di velluto, tutto è maturo, deliziosamente profumato”.

A raccontarla tutta, bisogna dire  che questo vino nacque per correggere un “incidente” della natura. Era il 2002 e l’annata fu una di quelle da dimenticare. Di conseguenza, si decise di cambiare in corso d’opera la “strategia vendemmiale” facendo appassire in cassette di legno monostrato, per una trentina di giorni, i migliori grappoli di negroamaro di una vigna coltivata ad alberello.

Il vino che se ne ottenne, circa 18 ettolitri, fu affinato in 8 barriques di secondo vino provenienti da una famosa cantina della Borgogna. Nacque così il Nero di Velluto: pochissime bottiglie, duemiladuecentonovantotto, tutte numerate a mano e veramente straordinarie.

Nel 2018 l’etichetta del  Nero di Velluto ha subito un restyling migliorativo che ha reso la bottiglia più elegante e in linea con le tendenze stilistiche contemporanee. Il suo contenuto, il vino, ha superato ogni anno “esami” e apprezzamenti di pubblico e critica: infatti sono nove gli anni consecutivi nel corso dei quali viene premiato con i 5 grappoli Bibenda e le 4 viti AIS!

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