I giapponesi amano l’Italia e il “made in Italy”, soprattutto vino e cucina. Molti di loro apprezzano l’italica confusione e l’arte dell’arrangiarsi. Noi italiani, invece, desideriamo un po’ della loro organizzazione e senso civico.
Il mio amico Dario Quarta, che di professione fa il giornalista, incontrandomi di ritorno dal Giappone mi ha messo in guardia: sbrigati a scrivere il tuo “pezzo” altrimenti lo perdi. A dire il vero, durante il breve soggiorno a Tokyo qualche precauzione l’ho presa mettendo da parte telegrafici appunti, documentazione fotografica e incomprensibili, per me occidentale, riviste e giornali nipponici. E poi tanta osservazione ma, soprattutto, cucina giapponese consigliata dai giapponesi. Perché, si sa, se si vuol comprendere il meglio della cultura e della civiltà di un popolo bisogna entrare nelle loro cucine e …nelle loro “toilettes”.
E allora senza avere la presunzione di “raccontare Tokyo” , scriverò, dopo quasi un mese dal mio ritorno, di quanto i giapponesi amano l’Italia e il vino italiano.
Nonostante avessi una paura fottuta di essere fermato con il tonno e il Negroamaro in valigia, sono rimasto “allibito” dal modo in cui il giovane doganiere, protetto dalla consueta mascherina bianca che copre naso e bocca, mi ha lasciato passare con il rituale inchino correggendo con la matita a punta fine ciò che avevo dichiarato nella “customs declaration”.
In Giappone, l’intera esistenza di un individuo è caratterizzata da continui e quotidiani rituali. Questi raggiungono l’apice nell’incontro tra due o più persone che si salutano con frequenti e cortesi inchini che non sono assimilabili alla semplice nostra stretta di mano, ma a molto di più e cioè : come posso aiutarla? Infatti, la disponibilità e la sensibilità verso l’altro da parte di questo popolo è proverbiale quanto la loro intolleranza verso la superficialità e l”arte dell’arrangiarsi” di noi italiani. Forse a volte esagerano, come quando ti fanno notare che l’etichetta della bottiglia del nuovo lotto è stata incollata qualche millimetro sotto o che sei in ritardo di uno o due minuti, ma tutto sommato ci amano. A volte appassionatamente ed esageratamente tanto che in molti ristoranti, che ci limiteremo a definire “italian style” , nel bagno ci trovi il meglio dell’Italia: dalla gondola veneziana, al Colosseo, dall’ “Ultima Cena” di Leonardo al putto che fa la pipì. Appena entri ti prende un certo stordimento ma poi ci fai l’abitudine: una sorta di sindrome di Stendhal da cesso !
Ma, se sull’argomento si vuole vedere qualcosa di spettacolare, bisogna andare nei bagni pubblici del centro, sopratutto nelle toilettes per signore. Non ci sono andato personalmente, si intuisce spero, ma mi ha raccontato mia moglie che sono delle vere e proprie “sale di bellezza” dove le signore possono accomodarsi e rifarsi il trucco per esempio.
La bellezza, l’estetica, il lusso, nella moda come nell’enogastronomia sono qualcosa a cui gli uomini e le donne giapponesi tengono molto. Esistono a Tokyo “grandi magazzini” come ISETAN , grande forse 20 volte e più la Rinascente di Milano” , dove è possibile trovare l’impossibile. Per rendersene conto o si va a Tokyo o semplicemente si visita una “parte” del loro portale (www.isetan.co.jp), un vero e proprio labirinto virtuale, dove si rischia di navigare per giorni senza meta. Un pò quello che può accaderti se visiti di persona questo “store” senza avere una meta precisa che significa un ben definito “building”, un numero di piano, un certo settore.
In questo tempio del consumismo giapponese la cui “réclame” non a caso recita “this is japan – ISETAN”, dal 29 settembre al 4 ottobre si è svolta la settimana del vino italiano: dalla Sicilia al Trentino, passando naturalmente dalla Puglia, erano presenti le migliori etichette italiane direttamente in vendita dalle mani dei produttori.
Uso questa espressione “dalle mani” perché veramente si prende la bottiglia di vino tra quelle esposte, la si autografa con il pennarello oro/argento, la si consegna all’acquirente e ci si fa la foto. Questa è l’usanza, rispettata “religiosamente” da noi produttori, perché si è consapevoli che quella bottiglia verrà aperta in particolarissime occasioni, conservandone poi il vuoto autografato come cimelio e da esibire, assieme alla foto, a parenti ed amici. In Giappone il rispetto per la “roba” è palpabile, soprattutto se appartiene all’altro. Sia che si tratti di denaro che di cibo o di beni della collettività, si tende sempre a non sprecare e a desiderare o prendere solo il necessario.
Il primo giorno, appena arrivato presso il nostro “stand” in ISETAN, sono rimasto colpito dal bicchiere utilizzato dai visitatori per degustare i vini da acquistare. Bicchiere della stessa dimensione e capacità di quelli presenti nelle confezioni di antibiotico formulato in sciroppo ! Nonostante i tre corsi da sommelier, ho trovato serie difficoltà a somministrare la giusta quantità di vino ai visitatori. Qualche volta, lo confesso, mi è scappata la mano suscitando l’imbarazzo del degustatore e provocando un mio “risus interruptus” a cagione del fatto che con quella quantità di vino versato nel “tappino” noi italiani non riusciremmo a farci nemmeno il segno della croce. Nonostante ciò, i giapponesi sono tra i migliori intenditori di vino e le loro case sono fornite delle migliori etichette di tutto il mondo.
Non c’è importatore di vini italiani, dal più piccolo al più grande, che non abbia al suo interno un manager che conosca a fondo la cultura enoica e non solo, dell’Italia. Il signor Sasaki responsabile acquisti dei vini italiani presso il nostro importatore TOA, parla e comprende la lingua italiana, è stato spesso nel nostro paese ed è un fan da più di venti anni di Claudio Baglioni. Conosce tutte le sue canzoni e durante la serata di gala al ristorante Venire Venire di Tokyo non perdeva occasione di proporre ai presenti la sua personale play list in concorrenza con il soprano invitata a cantare le più famose arie italiane.
Ho lasciato il Giappone avendo “scattato” tante di quelle istantanee che sarebbe impossibile riportarle tutte insieme in questa sede, non finirei più di pubblicare questo “pezzo”, avendo constatato che quello che ho visitato è un Giappone molto diverso da quello scoperto per la prima volta, trent’anni fa, attraverso i reportage di Tiziano Terzani. In ogni caso , si avverte oggi come qualche decennio fa, che “la vita di ogni giapponese è dominata dalla ricerca dell’armonia: l’armonia fra l’individuo e il suo prossimo, l’armonia fra l’individuo e il suo gruppo” (T.T. 1985). Per questo, almeno ogni tanto o in certe occasioni, dovremmo desiderare di “copiare” i giapponesi. Di questo ne sarebbero contenti la signora Sachiko e il signor Ajimé, che ringrazio per la pazienza e la disponibilità tutta giapponese, che mi hanno accompagnato in giro per Tokyo.
di Gianvito Rizzo